Amministrazione di sostegno: un caso concreto legato alla tossicodipendenza

L’Amministrazione di sostegno è un istituto che aiuta le persone in una condizione di fragilità. Questa volta, ti parlerò di due nonni di una ragazza tossicodipendente, rimasta orfana e madre di due figli, che hanno promosso ricorso al fine di chiedere un amministratore di sostegno.

Nella specie, i due anziani nonni avevano richiesto la nomina di un amministratore di sostegno per la propria nipote trentaseienne, tossicodipendente, lavoratrice part-time dal modestissimo stipendio e madre di due figli minori, nonché nuda proprietaria di un consistente patrimonio immobiliare che la stessa aveva ereditato dai genitori, entrambi recentemente scomparsi 

I ricorrenti, dopo aver chiarito che la nipote era divorziata con due figli rispettivamente di sedici e dodici anni affidati al padre e con lo stesso conviventi, hanno motivato la propria richiesta a causa del comportamento della nipote e del suo stile di vita precisando che il precoce suo matrimonio sarebbe fallito per la coltivazione di relazioni extraconiugali con uomini inaffidabili e talora occasionali ed a causa  dell’uso abituale di sostanze stupefacenti.

Di qui le istanze dei ricorrenti di utilizzazione del nuovo strumento offerto dall’ordinamento per l’assunzione di ogni e più opportuna iniziativa per la tutela della salute della persona e delle sue esigenze nonché per la miglior gestione del patrimonio ereditato in virtù di una successione legittima che non ha visto, ad oggi, l’attuazione di alcun incombente da parte dell’interessata.

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Il Tribunale ha ravvisato i presupposti di legge per l’accoglimento del ricorso e per la nomina di un amministratore di sostegno con obbligatoria assistenza di essa nel compimento degli atti di individuati nella parte dispositiva del provvedimento stesso.

In base alla decisione, quindi, una spiccata propensione per il consumo di sostanze stupefacenti può costituire, pertanto, una disabilità tale da escludere una equilibrata possibilità di attendere autonomamente ai propri interessi con conseguente opportunità della nomina di un amministratore di sostegno, al quale può essere altresì demandato l’incarico di reperire un posto di lavoro dignitoso, remunerativo e consono alla professionalità del beneficiario.

Attenzione, quindi, quando utilizziamo in maniera impropria le parole TUTORE o AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO: ci sono enormi differenze, che è necessario sempre e comunque evidenziare.

La legge n° 6 del 9 gennaio 2004, emanata a  conclusione dell’Anno Europeo  per le  persone disabili, ha introdotto nel nostro ordinamento  l’istituto dell’amministrazione di sostegno in applicazione del principio ispiratore della nuova normativa laddove enuncia che  “La legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente,

L’amministrazione di sostegno è un istituto evoluto e duttile, immaginato per fornire aiuto a chiunque si trovi in difficoltà nell’esercizio dei propri diritti.

Leggi l’articolo sul “Caso Lollobrigida”.

Sino alla promulgazione della Legge 6/2004, infatti, per affrontare le primarie necessità di vita di un anziano colpito da ictus o affetto da morbo di Alzheimer, di un tossicodipendente o di un alcolizzato, di un portatore di handicap sensoriale, di una persona immobilizzata o di un malato terminale, l’ordinamento non prevedeva alcuno strumento giuridico efficace ed al contempo flessibile.

La legge si è proposta  l’ obiettivo di aggirare gli inconvenienti e le difficoltà, tuttora contenuti nella disciplina vigente a tutela delle persone incapaci di agire, e cioè l’interdizione e l’ inabilitazione spesso sproporzionati rispetto alle reali necessità di protezione del soggetto e con il limite evidente di non tenere in alcun conto il vasto spettro di casi di persone disabili che non presentano un livello di compromissione così importante come quello prescritto dall’art. 414 c. c.:” l’infermità deve essere tale da rendere la persona “incapace di provvedere ai propri interessi”. In questa disposizione normativa, infatti, non si tiene in conto che la maggior parte delle persone disabili, infatti, non versa in condizioni così gravi e comunque non in modo permanente. Con l’introduzione dell’ “amministrazione di sostegno” è stato apportato un efficace rimedio a queste lacune.

La tutela, oggi,  non è più soltanto il patrimonio, ma i bisogni e le necessità della persona disabile che riacquistano centralità, aprendo il campo alla tutela non solo degli infermi di mente ma di chiunque si trovi in una situazione momentanea di difficoltà nell’esercizio dei suoi diritti: alcolisti; tossicodipendenti; disabili sensoriali, soggetti colpiti da ictus, etc.

L’ufficio di amministratore di sostegno, in ogni caso, non estingue la capacità del beneficiario di compiere da solo tutti gli atti “necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana” (per esempio: acquistare beni di uso personale, come cibo e vestiti, riscuotere la pensione, etc.).

A tal proposito, è importante ricordare una sentenza del 2006 del Giudice tutelare del Tribunale di Modena, che ha riconosciuto che anche la tossicodipendenza è una forma di disabilità che comporta la mancata possibilità di attendere autonomamente ai propri interessi ed ha disposto la nomina di un amministratore di sostegno, al quale può essere altresì demandato l’incarico di reperire al beneficiario un posto di lavoro dignitoso, remunerativo e consono alla sua professionalità.

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